Perchè le aziende devono trasformarsi?

AICEX: Riorganizzazione, trasformazione, o ristrutturazione che sia, molte aziende hanno capito che è giunto il momento di cambiare per evitare di soccombere. Inflazione, tassi di interesse, volatilità dei prezzi, incertezze di approvvigionamento si uniscono a clienti sempre più volubili, o che cambiano abitudini perchè in difficoltà anch’essi.

Diverse organizzazioni sono già in difficoltà perchè subiscono le conseguenze del non essersi adeguate per tempo, il cambiamento reattivo è fisiologico, ma nel business serve la giusta dose di proattività, tanto più elevata in funzione della competitività del contesto nel quale si opera.

Se le grandi organizzazioni confidano (o sperano) di risolvere molti dei loro problemi con il supporto dell’intelligenza artificiale il discorso è diverso per aziende di dimensioni, e budget, più contenuti. Dove non arriva il budget si dovrebbe quindi agire su altri elementi quali processi e persone, con i quali si può davvero fare la differenza perchè, alla fine, la tecnologia si compra ma molte altre cose no.

Il fatto che il danaro non sia la panacea per tutti i mali lo dimostrano organizzazioni nelle quali regnano le inefficienze a discapito di enormi budget, un caso spesso citato è quello della pubblica amministrazione, o della sanità pubblica. Non sempre è necessario spendere più soldi, spesso è importante spenderli meglio.

Tra i settori privati che stanno affrontando grandi cambiamenti vi sono certamente le telecomunicazioni, il real estate, il retail, e molti settori industriali. Le difficoltà provengono spesso da fenomeni di “commoditization” o da quelli opposti che inducono una forte spinta all’innovazione. Discorso a parte meriterebbe il lusso, che unisce grandi successi (es. Hermes, Prada, … ) a grandi difficoltà (es. Kering, e quindi leggansi Gucci e Bottega Veneta).

Secondo recenti analisi il 20% delle aziende europee deve avviare importanti processi di cambiamento, che per quasi la metà dei casi significa profonde ristrutturazioni. E nel caso di organizzazioni con ricavi inferiori ai 500 milioni la situazione sembra ancora più critica, con quasi il 30% che ha necessità di riorganizzarsi velocemente, con tutte le difficoltà di accesso al credito connesse ai tassi ancora alti.

Alcune linee generali sulle quali riflettere sono:
>Evitare di pensare solo al taglio dei costi, ma identificare ed incrementare i costi che generano ricavi, soprattutto se indiretti perchè più difficili da valorizzare (il vantaggio è che la difficoltà esiste anche per i competitor);
>Assicurarsi del commitment delle persone coinvolte;
>Sviluppare azioni di medio e lungo termine senza concentrarsi su quelle tattiche di breve termine.

Rimane ovviamente inteso che poi devono essere adeguatamente considerate le specificità delle singole organizzazioni e del contesto, anche per identificare le priorità e le criticità. Se la catena logistica è un incubo per alcune, la gestione dei canali fisici e digitali può esserlo per altre, ed il churn potrebbe esserlo per altre ancora.

Una cosa, però, deve essere ben chiara, è vero che fare i first mover non è per tutti, ma non è più tempo di vivere facendo i follower.

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